di Thomas Balbo

T.B. Ciao Anna Rita, ti va di fare una breve presentazione per i nostri lettori?

A.L. Salve a tutti. Sono Anna Rita Longo, socia effettiva del CICAP e presidente del CICAP Puglia. Per Query, rivista del CICAP, coordino le recensioni. Sono membro del gruppo tematico CICAP scuola, della Commissione Patrocini e del gruppo di lavoro relativo al progetto Focus Scuola. Sono laureata in Lettere classiche, ho un dottorato di ricerca europeo in Filologia e letteratura patristica, medioevale e umanistica, insegno lettere alle superiori.

T.B. Spiegheresti ai nostri lettori cos’è la scuola steineriana e come funziona?

A.L. In sintesi è possibile definire la scuola steineriana come un sistema educativo che applica i principi teorizzati da Rudolf Steiner, esoterista e teosofo austriaco, noto per essere stato l’iniziatore di una disciplina chiamata antroposofia, che propone un’interpretazione esoterica della realtà e, a dispetto di quanto viene dichiarato, non ha nulla di scientifico.

T.B. Che metodologia d’insegnamento applica?

A.L. Quando si legge una descrizione del metodo steineriano, si può rimanere colpiti dall’uso di un linguaggio fortemente enfatico, che descrive in modo che può sembrare molto affascinante quelle che vengono presentate come le caratteristiche del bambino e dell’essere umano, le fasi che ne caratterizzano lo sviluppo e quelli che sono ritenuti gli elementi che lo promuovono e favoriscono. Peccato che il miscuglio filosofico, esoterico, misticheggiante e spirituale che viene adoperato non possa definirsi rigoroso sul piano logico e, di conseguenza, nella sua ricaduta pedagogica. Secondo le teorie steineriane, lo sviluppo umano sarebbe diviso in “settenni”, ovvero cicli di sette anni con specifiche caratteristiche distintive. Vi è una particolare attenzione verso quella che viene definita dimensione “spirituale” e ci si concentra sullo sviluppo di quelle che vengono chiamate “forze vitali” presenti nell’individuo. Che cosa si intenda precisamente con questi termini non è dato sapere. Si dà grande rilievo all’uso delle immagini, al lavoro artistico, manuale, al contatto con la natura, all’uso di favole nel corso dell’azione didattica, ma non sulla base di rigorose riflessioni pedagogiche fondate sulla scienza, bensì in ottemperanza a una serie di precetti che, pur espressi in modo suggestivo, rimangono estremamente vaghi. Tipico anche un particolare approccio alla valutazione, che rifiuta i tradizionali voti, poi la concezione della pedagogia come “curativa”, nell’ottica di un sostegno alle difficoltà sperimentate dal bambino e l’uso di specifici giochi, come le cosiddette “bambole Waldorf”, ritenute in grado di stimolare la fantasia.

T.B. Questa metodologia ha fondamenti scientifici?

A.L. In tutti i campi della sua azione – e così anche nella pedagogia – Steiner, a dispetto delle intenzioni manifestate, ha sempre mostrato un approccio pseudoscientifico. Non è un caso se sul pensiero di Steiner si fondano anche note pratiche antiscientifiche come l’agricoltura biodinamica. L’insistenza sulla dimensione spirituale, sulla visione magico-mistica del contatto con la natura e dell’uso dell’arte, nonché la base teorica del metodo, assolutamente lontana dai dati scientifici in nostro possesso, rendono l’approccio steineriano ben distante dalle evidenze scientifiche che la psicologia dello sviluppo, la pedagogia (oggi anche sperimentale) e le neuroscienze hanno nel tempo consentito di accumulare. Quindi, a dispetto di quanto spesso affermato, non è possibile sostenere che il metodo steineriano abbia fondamenti scientifici. Si può sottolineare come non siano gli strumenti in sé (per esempio, l’arte, la musica, la narrazione) a rendere pseudoscientifico l’approccio steineriano, ma le concezioni pedagogiche di fondo, che possono vanificare anche attività di per sé stimolanti e utili se inserite in un progetto ragionato e organico e, soprattutto, scientificamente fondato.