Occorre distinguere fra tre tipi di previsione, in base alla scadenza temporale cui la previsione stessa si riferisce. Si tratta, per così dire, di tre diverse “specializzazioni”, che si avvalgono di strumenti diversi, richiedono particolari competenze e, talvolta, possono condurre a risultati apparentemente contraddittori.
I dati grezzi di partenza e le metodologie con cui essi vengono elaborati variano per ciascuna tipologia.
Previsioni a brevissimo termine, il nowcasting
In primo luogo vi è la previsione a brevissimo termine, definita con termine inglese “nowcasting” con cui si intende prevedere quale sarà l’evoluzione del tempo nell’arco delle successive 1, 3 e 6 ore.
Ciò, ad esempio, risulta utilissimo ai fini della regimazione idraulica del territorio: sapere con ragionevole certezza se un’eventuale precipitazione tenderà ad accentuarsi in un determinato bacino idraulico, consentirà di porre in atto eventuali manovre di contenimento delle acque; sono evidenti, in tal caso, le ripercussioni nel campo della protezione civile che ne possono derivare.
Valutare anche se è meglio sospendere un evento che richiama un gran numero di persone (spettacoli, feste, raduni, ecc.) costituisce un elemento che può avere a che fare con le tematiche della sicurezza dei cittadini.
Un altro esempio può riguardare il mondo agricolo: prevedere forti temporali, o addirittura grandinate, in una determinata zona può consentire agli agricoltori di porre in atto sistemi di difesa o di rimodulare, anticipandole o ritardandole, operazioni agronomiche precedentemente programmate per favorirne la massima efficacia.
Per il “nowcasting” gli strumenti principali sono i satelliti meteorologici con i quali si seguono principalmente i movimenti dei corpi nuvolosi ma anche, a seconda della lunghezza d’onda adottata, le variazioni di umidità dell’atmosfera nonché le variazioni di temperatura delle nuvole e del suolo. Per seguire invece lo spostamento sul territorio dei fenomeni di precipitazione sono indispensabili i radar meteorologici con i quali, in modalità doppler, si può anche stabilire la velocità di avvicinamento o di allontanamento dei corpi nuvolosi che generano precipitazioni. Per controllare effettivamente cosa accade sul territorio è altresì indispensabile una rete di stazioni di misura che fornisca un quadro dei fenomeni in atto quanto più possibile “in tempo reale” ad una centrale di acquisizione in grado di verificare tempestivamente l’evolversi della situazione. Anche per il “nowcasting”, peraltro, particolare importanza rivestono i modelli meteorologici la cui indispensabilità verrà meglio definita in seguito, a proposito del secondo tipo di previsione: il “forecasting” cioè la previsione che va da uno ad anche quindici giorni e più di distanza temporale.
MSG-3 prima del lancio.
Il Servizio Meteorologico dell’ARPAV dispone, come detto, di una rete di circa 200 stazioni al suolo, di una rete di tre radar meteorologici di cui due ad ampio raggio (120-240 km), e della possibilità di visualizzare le immagini dei Satelliti della Serie Meteosat Second Generation, messi in orbita da Eumetsat, organizzazione intergovernativa a livello europeo cui l’Italia prende parte fin dalla sua fondazione avvenuta nel 1986 attraverso l’Ufficio Generale Spazio Aereo e Meteorologia del Ministero della Difesa.
Il forecasting, la previsione a 2-3 giorni
Come accennato, la previsione “classica”, quella più diffusa e che interessa maggiormente il grande pubblico, è costituita dal cosiddetto “forecasting”. Con questo termine si intende la previsione meteorologica che può estendersi anche di qualche settimana (massimo 2 o 3) rispetto al momento in cui viene effettuata. Lo strumento principe per questo tipo di previsione è costituito da modelli matematici che, partendo dallo “stato iniziale” cui si è fatto cenno precedentemente, stimano, mediante processori elettronici dotati di un’elevatissima capacità di calcolo, le condizioni future dell’atmosfera dal livello-suolo fino agli strati più alti corrispondenti, alle nostre latitudini, anche a 10-12.000 metri di quota, con una determinazione delle principali variabili meteorologiche che caratterizzano l’atmosfera in un certo istante, generalmente con un passo di 3, 6 o 12 ore.
In considerazione delle necessarie (e costose) capacità informatiche richieste per I’implementazione e l’utilizzazione dei modelli meteorologici, i produttori di tali modelli sono generalmente costituiti da enti governativi, istituti di ricerca, organizzazioni internazionali, che poi mettono a disposizione degli associati, di coloro che ne fanno richiesta o anche del pubblico in generale, i loro prodotti più o meno specialistici a seconda dell’utenza (e dell’eventuale contributo economico).
Per quanto riguarda i modelli a scala globale, cioè a livello continentale, il servizio meteorologico dell’ARPAV si avvale essenzialmente dei modelli prodotti dall’ECMWF (European Center for Medium Range Weather Forecasts), organizzazione intergovernativa a livello europeo con sede a Reading (UK) e dai National Centers for Environmental Information affiliati al NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) degli Stati Uniti che producono il modello GFS (Global Forecast System).
Per descrivere l’evoluzione del tempo con maggiore dettaglio ci si avvale anche di modelli a scala locale che, rispetto a quelli globali, si caratterizzano per una maggiore risoluzione spaziale, una maggiore frequenza di produzione degli output, cioè dei risultati delle elaborazioni e una più dettagliata descrizione dei processi fisici e termodinamici connessi con l’evoluzione dello stato dell’atmosfera. Tali modelli, pur derivando da quelli a scala globale, costituiscono un insieme a sé stante. Il Servizio Meteorologico dell’ARPAV si avvale del modello COSMO-LAMI, realizzato a livello internazionale e, per quanto riguarda l’apporto italiano, in consorzio tra Dipartimento protezione civile nazionale, USAM Aeronautica Militare, Arpa Piemonte, Arpa Emilia-Romagna. Vengono consultati anche il modello MOLOCH (prodotto dal CNR) e il modello ARPEGE-AROME, elaborato da Meteofrance.
Il ruolo del meteorologo
Il lavoro del meteorologo consiste in prima battuta nel confrontare gli output dei modelli che costituiscono lo “stato iniziale” con l’ultima immagine da satellite disponibile e con i dati della rete di stazioni al suolo, per avere un’idea sulla corrispondenza dei modelli alla situazione effettiva sul territorio e per valutarne la possibile sovrapposizione. Successivamente, si prende in considerazione l’evoluzione prevista delle più importanti variabili meteorologiche a partire dalla pressione atmosferica, per poi proseguire con i campi termici e di umidità, non solo al suolo ma anche a diverse quote, per terminare con una descrizione quanto più possibile dettagliata di ciò che presumibilmente avverrà alle diverse scadenze temporali cui la previsione si riferisce.
Le previsioni stagionali
Negli ultimi anni, infine, sono stati sviluppati modelli dedicati alle cosiddette “previsioni stagionali”, tendenti a prevedere, in termini molto più generali, come sarà l’andamento di precipitazioni e temperature su scala continentale con qualche mese di anticipo. Tali previsioni si basano su parametri diversi rispetto a quelli utilizzati nelle previsioni “ordinarie” riferendosi, ad esempio, a variabili quali la temperatura degli oceani, l’estensione dei ghiacci polari e della copertura nevosa invernale, variazioni cicliche del gradiente barico fra alta pressione delle Azzorre e bassa pressione semipermanente dell’Islanda, variazioni conosciute come “Oscillazione NordAtlantica”, andamento di El Niño cioè della temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico in corrispondenza delle zone equatoriali.
Le previsioni stagionali sono di grandissimo interesse anche per le implicazioni economiche che ne conseguono: sapere ad esempio se una stagione invernale sarà più fredda del solito farà presupporre maggiori consumi per il riscaldamento di abitazioni e uffici e quindi potrà provocare un aumento dei prezzi di petrolio e gas naturale. Al contrario, stagioni primaverili-estive particolarmente vantaggiose dal punto di vista climatico potranno favorire buoni raccolti di cereali con probabile riduzione dei prezzi all’ingrosso dovuti a temporanee eccedenze di produzione e gli esempi potrebbero continuare.
Le previsioni stagionali sono da considerarsi ancora di tipo sperimentale perché disciplina relativamente recente. Lo studio delle relazioni causa-effetto fra i fenomeni citati e l’andamento stagionale necessita infatti di molti anni di sperimentazione.
Considerato il carattere planetario delle previsioni stagionali, il servizio meteorologico dell’ARPAV non produce questo tipo di previsioni che restano anch’esse, come i modelli meteorologici, appannaggio di istituzioni di ricerca e di enti intergovernativi che possono contare su grandi capacità di rilevamento e di assemblaggio, anche dal punto di vista informatico, delle informazioni necessarie.
Articolo di: Alberto Bonini, vicedirettore del Servizio Meteorologico dell’ARPA Veneto.