Recentemente, il 30 giugno scorso, sulla rivista “PLoS ONE” è uscito uno studio, a firma di Elvio Carlino, Liberato De Caro, Cinzia Giannini e Giulio Fanti, il cui risultato dimostrerebbe che l’uomo la cui immagine sarebbe impressa sul telo della Sindone di Torino aveva subito traumi multipli, suggerendo che possa essere una prova in più a favore dell’autenticità. Conseguentemente è uscito su Query online, il portale della rivista del CICAP, un articolo di analisi dello studio, che ne sottolinea le criticità, a firma di Luigi Garlaschelli e Marco Bella.
Ne abbiamo parlato con Luigi Garlaschelli in questa intervista a cura di Enrico Zabeo.
Pochi mesi fa è stato riportato da molte testate giornalistiche uno studio che afferma di dimostrare che l’uomo la cui immagine sarebbe impressa sul telo della Sindone di Torino aveva subito traumi multipli. La Sindone è già stata sottoposta a molti tipi di analisi scientifiche: puoi riassumerci quali sono al momento i risultati più comprovati?
I risultati più attendibili secondo me sono quelli ottenuti da scienziati indipendenti, scelti per le loro specializzazioni specifiche. In questo senso è certo che:
La Sindone non è citata nei Vangeli, né come reliquia dei primi secoli. Essa compare solo nel 1350 circa in Francia. Il vescovo francese Pierre d’Arcis indagò e scoprì anche l’artista che l’aveva fatta, e Papa Clemente VII dichiarò pochi anni dopo che la Sindone era da considerare solo una rappresentazione. Le pratiche di sepoltura giudaiche non sono coerenti con la Sindone di Torino, né lo sono il tessuto e il tipo di tessitura. Non basta: un vero corpo umano (specialmente il volto) lascerebbe su un telo un’impronta totalmente diversa e deformata. Infine, la Sindone fu datata nel 1988 col carbonio-14 (dai migliori laboratori del mondo) e il responso fu che era, appunto, del 1300.
Detto questo, è giustificabile uno studio come quello a cui fate riferimento nel vostro articolo?
Per sostenere l’autenticità della Sindone vengono periodicamente proposte varie prove che poi, esaminate meglio, magari da scettici, si rivelano spesso del tutto infondate. Ricordate le impronte delle monetine sugli occhi? (Sparite). I pollini? (Nessuno ne parla più). L’incendio che avrebbe ringiovanito il telo? (Una bufala). “È impossibile produrre un’immagine senza pigmento, solo sulla superficie del telo, che sembri un negativo e abbia informazioni tridimensionali”. (Io l’ho fatta). E così via…
Non stupisce che gli autenticisti ne propongano sempre di nuove.
Tutto lo studio a cui fate riferimento si basa su un’unica fibrilla, di 2 millimetri, prelevata dalla Sindone quasi 40 anni fa. Da un punto di vista scientifico, è un campione sufficiente per analisi attendibili?
Il vero problema è che la fibrilla fu prelevata dal telo nel 1978 con del nastro adesivo, poi il collante fu ripulito laboriosamente. Tuttavia gli Autori tacciono questa importante informazione sull’origine del campione. È ovvio poi che una fibrilla di 2 millimetri non è rappresentativa di un telo di 4 metri per due. Ma fino a che la Chiesa non permetterà nuove indagini sul telo, le analisi possibili sono limitatissime.
Nell’articolo spiegate come la presenza di ferritina e di creatinina non sia di per sé un indicatore automatico dell’esistenza di traumi, tanto più che non se ne potrebbe dedurre con certezza nemmeno la presenza di sangue. Queste conclusioni possono essere ovvie per un chimico, è possibile che per gli autori dello studio, con percorsi formativi diversi, siano invece meno evidenti?
È la concentrazione della creatinina che potrebbe indicare un trauma fisico, non la sua semplice presenza. Se non si conosce il volume del sangue che la conteneva, ritrovarne una singola nanoparticella non serve a nulla. Inoltre, gli Autori affermano che, in caso di traumi, la creatinina si aggrega alla ferritina (un idrossido di ferro presente in minutissime quantità all’interno delle cellule), ma i riferimenti bibliografici che essi stessi indicano – reperibili da chiunque su internet – non parlano affatto di questa possibilità!
Si potrebbe addirittura sospettare che questo idrossido di ferro non sia altro che una particella residua di ocra, un pigmento pittorico già trovato varie volte sulla Sindone.
Al termine del vostro articolo sembra di capire che un rigoroso processo di peer review avrebbe dovuto tener conto dei punti critici da voi evidenziati, cosa che invece non emerge. Questo può dipendere dal fatto che l’articolo è stato pubblicato in una rivista “open access”?
PLoS ONE è una rivista online e “open access”, ma ha buona fama e in teoria dovrebbe garantire una peer review seria. Stupisce, e non saprei come spiegarlo, che il revisore non abbia notato queste debolezze dell’articolo.
Mi pare che nel giornalismo attuale, online e non solo, ci sia la tendenza a dare grande risalto a studi i cui risultati si annunciano eclatanti, prestando invece scarsa attenzione alle credenziali scientifiche degli autori e delle riviste su cui quegli studi vengono pubblicati. Pensi che sarebbe importante un maggior controllo sull’autorevolezza delle fonti?
Sarebbe essenziale. Capisco che sarebbe difficile, ma un buon giornalista scientifico dovrebbe consultare le fonti e se possibile gli esperti del campo. Capita spesso che quando si leggono articoli di divulgazione scientifica, su argomenti che si conoscono, sia facile trovarvi delle castronerie. Ci si chiede che cosa ci sia scritto in tutti quelli sui cui argomenti non si sa nulla…
Sul sito della rivista sulla quale è pubblicato lo studio, è possibile inserire commenti. Qual è la funzione di questi commenti? Possono spingere l’autore a rivedere lo studio?
Diciamo che potrebbero spingere l’editore a chiedere agli autori una revisione, o addirittura a ritirarlo. È già accaduto che siano stati ritirati degli articoli (ad esempio uno sull’omeopatia…). Un commento, a nome di Bella e Garlaschelli, è già stato pubblicato.
link a query-online http://www.queryonline.it/2017/08/21/il-supplizio-di-cristo-sulle-fibre-della-sindone-i-dubbi-sullo-studio/
http://www.bibleinterp.com/articles/2017/08/lom418014.shtml
e link citati
Andrea Nicolotti – Sindone. Storia e leggende di una reliquia controversa. Einaudi, 2015
https://sindone.weebly.com/reproduction.html
Garlaschelli, Luigi. (2010). Life-Size Reproduction of the Shroud of Turin and its Image. Journal of Imaging Science and Technology® 54(4): 040301–040301-14, 2010.
Carlino E, De Caro L, Giannini C, Fanti G(2017) Atomic resolution studies detect new biologic evidences on the Turin Shroud. PLoS ONE 12(6): e0180487.
https://doi.org/10.1371/journal.pone.0180487