Maschio indiano affetto da polio alla gamba destra.Il vaccino è un presidio che viene usato senza poter sapere se, in mancanza di vaccinazione, una persona potrebbe mai incorrere nella malattia. Si vaccina cioè per prevenire l’eventualità di una malattia e non per curarne una in atto. Ecco quindi da dove nasce il dubbio. Considerato che taluni agenti infettivi non sono più in circolazione, perché vaccinarsi?

In un paese come l’Italia, dove molte malattie gravi sono scomparse, una significativa quota della popolazione ha perso la percezione dei rischi che esse comunque comportano. A questo proposito è bene chiarire che,  anche nel caso delle malattie per cui esistono i vaccini, la possibilità di entrare in contatto con il patogeno non è nulla.

Ricordiamo, a titolo di esempio, il caso della ricomparsa della difterite in Spagna a distanza di quasi trent’anni dalla registrazione dell’ultimo caso. Nel giugno 2015 l’Agenzia Sanitaria della Catalogna comunicò un caso di infezione da difterite in un bambino di sei anni, non vaccinato, residente a Olot, nella provincia di Girona. Lo sviluppo della vicenda, terminato col decesso del piccolo, porta all’evidenza non solo i rischi che comporta il rifiuto della vaccinazione di un bambino da parte dei genitori, ma anche dei rischi che paradossalmente derivano dalla riduzione dei casi di malattie indotta dalla copertura vaccinale, ovvero diagnosi clinica tardiva per mancata dimestichezza con la sintomatologia, tempi di attesa per i risultati di analisi di laboratorio, mancanza di farmaci adeguati per la cura della difterite.

Perché è utile vaccinarsi

In caso di epidemie o dell’insorgenza di malattie nella comunità, i soggetti vaccinati avranno, a seconda dell’agente infettivo, probabilità molto minori o nulle di contrarre l’infezione. Questa però sarebbe una risposta riduttiva perché il vantaggio che traiamo dalla vaccinazione non è solo personale. Per le malattie infettive che si trasmettono da persona a persona, se la percentuale di soggetti vaccinati all’interno di una comunità è sufficientemente elevata la trasmissione dell’agente infettivo nella popolazione è ridotta e anche i soggetti che per particolari condizioni di salute non possono ricevere il vaccino risultano protetti da quella che viene definita immunità di gregge, che consiste nella bassa possibilità di diffusione della malattia e quindi di contagio.

In parole semplici, avere un numero sufficientemente alto di persone vaccinate è paragonabile ad avere un “recinto” che la malattia non riesce a superare. Le persone potrebbero essere nella parte più interna o esterna del recinto.

Globalizzazione: gli uomini e le malattie si spostano

Con la globalizzazione questo è solo in parte pianificabile. Coloro che fanno viaggi all’estero o incontrano individui che vengono da zone a rischio sono maggiormente esposti, stanno cioè sulla parte esterna del recinto. Chi non fa queste cose non è necessariamente nella parte più interna perché le persone si spostano e, seppur minore, il rischio di contrarre la malattia esiste. Chi non percepisce il rischio sbaglia e beneficia della barriera vaccinale degli altri, ma a mano a mano che questa si riduce il recinto si assottiglia.

I vaccini proteggono tutti, soprattutto i non vaccinabili

La scelta è un lusso delle persone sane. I bambini in terapia per leucemie infantili , ad esempio, non possono essere vaccinati e con un “recinto” sottile, immunità di gregge non presente o scarsa, rischierebbero di morire per una malattia prevenibile attraverso i vaccini dopo essere sopravvissuti a calvari come la leucemia. Lo stesso vale per persone con alterazioni del sistema immunitario quali immunodeficienza congenita o acquisita, linfomi o in terapia con immunosoppressori.

Perché in Italia è stato necessario introdurre i vaccini obbligatori

Cartello stradale di obbligo (tondo blu) con logo di uomo che subisce iniezione.Il fatto che l’Italia abbia puntato sull’obbligatorietà, come spiegato nel documento ministeriale Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-19, è dovuto a:

  • l’allarmante calo di copertura vaccinale nel nostro paese;
  • l’obiettivo di copertura del 95 % della popolazione al fine di una protezione di gregge efficace;
  • la sicurezza del vaccino provata scientificamente nonostante i tentativi di discredito.

Qual è la copertura vaccinale in Veneto?

Come accennato, l’elemento principale che ha portato alla scelta della vaccinazione obbligatoria è l’obiettivo di copertura del 95 % della popolazione. Risulta naturale nel contesto di questo sito toccare la realtà veneta. Le coperture vaccinali (per 100 abitanti) in età pediatrica a 24 mesi, calcolate sulla base dei riepiloghi inviati dalla Regione Veneto per l’anno 2015 (coorte 2013) sono:

  • Polio 91,27 %;
  • Difterite 91,29 %;
  • Tetano 91,75 %;
  • Pertosse 91,26 %;
  • Epatite B 90,80 %;
  • Hib ( Haemophilus influenzae tipo b) 90,62 %;
  • Morbillo 87,15 %;
  • Parotite 87,05 %;
  • Rosolia 87,08 %;
  • Varicella 84,03 %;
  • Meningococco C coniugato 90,54 %;
  • Pneumococco coniugato 84,64 %.

Esistono rischi nel fare tanti vaccini ravvicinati o nella stessa seduta?

Il calendario vaccinale italiano evidenzia quali vaccini possono essere effettuati nella stessa seduta e quali in sedute separate. Le ragioni della scelta hanno solide basi scientifiche, contrariamente a quanto sostiene chi parla del rischio di una “bomba vaccinale”.

In questa sede citiamo un estratto del sito Vaccinar…sì invitando il lettore interessato ad approfondire nel sito stesso.

Anche se gli antigeni nei vaccini multipli sono pochi, non sono comunque troppi per un bambino di pochi mesi?
No, già un neonato è perfettamente capace di confrontarsi ogni giorno con migliaia di antigeni, altrimenti non sarebbe in grado di sopravvivere in questo mondo pieno di batteri ed altri microorganismi con cui condivide la vita sulla terra. Entro poche ore dalla nascita il bambino stesso è popolato da un enorme numero di batteri, sulla pelle e sulle mucose. Ad ogni respiro entrano nell’organismo molti più antigeni di quelli contenuti nell’intero calendario vaccinale.

Vaccinarsi libera più risorse sanitarie per tutti

Lo studio di J. Ehreth “The value of vaccination, a global perspective” stima che 1 euro speso per la vaccinazione può liberare fino a 24 euro reinvestibili in assistenza clinica per chi si ammala.

Questo a riprova del fatto che i vaccini aiutano sia la persona che la collettività.

Popolo in piazza a Napoli nel 1973 che richiede il vaccino contro l'epidemia di colera.

Popolo in piazza a Napoli nel 1973 per richiedere il vaccino contro l’epidemia di colera.