Durante una riunione del Cicap Veneto abbiamo osservato alcune presunte fotografie di fantasmi. Erano state pubblicate sulla stampa locale. Uno di quei riempitivi estivi di quando mancano notizie vere. Quelle foto erano state scattate nell’infrarosso, dentro un castello, da un gruppo di appassionati “acchiappafantasmi“.
Erano presentate come prova dell’esistenza di fenomeni spiritici, ma si trattava invece di un semplice effetto fotografico. Un soggetto passato nell’inquadratura durante una lunga esposizione.
E allora abbiamo deciso di riprodurre il fenomeno e spiegarne il meccanismo. Perché siamo scettici allegri e ci divertiamo a fare queste sperimentazioni.
I due articoli che precedono questo hanno contestualizzato l’esperimento, spiegando i fondamenti della fotografia nell’infrarosso e la tecnica usata – la ricetta – per realizzare gli scatti. Oggi ci rilassiamo e raccontiamo come è andata.
Dunque, il Ghost Team era composto di quattro cicappini. Daniele era l’addetto alla videocamera per documentare gli eventi, Paolo si è occupato di trovare il posto adatto e del supporto operativo, Giulia si è offerta per realizzare e interpretare il fantasma e io ho portato la fotocamera IR.
Daniele si è anche occupato di rilevare le interferenze elettromagnetiche prodotte dai nostri apparecchi, usando gli stessi strumenti dei ricercatori di fantasmi. Per vedere l’effetto che fa. Tali misurazioni sono risultate assai poco affidabili, oltre che prive di significato “spiritico”. L’approfondimento di questo aspetto lo troverete negli articoli di Daniele che pubblicheremo nelle prossime settimane.
Ci siamo riuniti presso la struttura fortificata seminterrata della Golena San Massimo di Padova. Le pareti in pietra, l’antichità e l’oscurità del luogo lo rendono un ambiente suggestivo per delle foto con fantasma [Foto 1, Foto 2]. La tecnica utilizzata per scattare le foto l’abbiamo già vista nella puntata precedente.

FOTO 3 – Il “fantasma” è fermo, fotografato con doppio filtro infrarosso, lunga esposizione, alto disturbo digitale.

FOTO 4 – Il “fantasma” è fermo, fotografato con doppio filtro infrarosso, lunga esposizione, alto disturbo digitale.
Abbiamo effettuato qualche test con una normale reflex non modificata (Nikon D90, ob. Tokina 12-24mm f4) cui è stato applicato un filtro aggiuntivo IR Cokin 89B (720nm). Al buio, per ottenere qualcosa, è stato necessario arrivare fino a tre minuti di esposizione, con Giulia ferma al centro dell’inquadratura e “illuminata” da un illuminatore a infrarossi.
Come si vede dal risultato [Foto 3, Foto 4], il disturbo digitale in questo caso è pesantissimo e le forme della muratura e del “fantasma” si indovinano appena. La combinazione del filtro IR-cut del sensore (che taglia le radiazioni infrarosse) con quello IR sull’obiettivo (che invece elimina la luce visibile) ha lasciato passare una banda estremamente ridotta di radiazioni rilevabili dalla fotocamera.
Scattando senza il filtro Cokin, quindi con la reflex “senza filtri”, abbiamo invece potuto ottenere un risultato assai più leggibile, usando la luce visibile, anche se completamente al buio [Foto 5].
Prese le misure, per così dire, con la reflex in luce visibile, siamo passati alla reflex modificata (Nikon D70 IR 720nm, ob. Tokina 12-24 f4). Ciò che si ottiene somiglia moltissimo alle fotografie dei cacciatori di fantasmi. Siamo anche riusciti a modulare la trasparenza ed il livello di “materializzazione” del nostro spirito. È bastato chiedere alla lenzuolata Giulia di spostarsi più o meno rapidamente davanti all’otturatore aperto.
“Cammina piano” [Foto 6, Foto 7]
“Cammina un po’ più veloce” [Foto 8, Foto 9]
“Ancora più veloce” [Foto 10, Foto 11]
“Adesso fai quattro passi, fermati, conta fino a cinque, poi prosegui” [Foto 12]
“Adesso cammina rapidamente… stop… rimani lì… bene, abbiamo finito” [Foto 13]
Cosa abbiamo dimostrato con questo esperimento?
Abbiamo riprodotto un fenomeno che a qualcuno appariva anomalo, mostrando quanto sia facile da ottenere. L’ipotesi soprannaturale, invece, fondandosi su una affermazione – l’esistenza degli spiriti – a sua volta non dimostrata, si riduce ragionevolmente a qualcosa di assai poco verosimile.
Quando si svolgono indagini “insolite” è indispensabile conoscere gli strumenti che si intende usare e i loro limiti. Perché usandoli per scopi non previsti si ottengono anche risultati fuori dal comune. E si rischia di costruire teorie fantasmose per spiegare fenomeni che si rivelano semplici giochi di luci.
Sfumature di infrarosso, appunto.