Si avvicina il venerdì 17, quello di ottobre 2014, e il CICAP si prepara per la “Giornata anti-supertizione”, ossia una giornata dedicata a sensibilizzare all’irrazionalità della superstizione con eventi che si svolgeranno in alcune delle principali città italiane. Nel Veneto la “Giornata anti-superstizione” prevede una serata al Planetario di Padova sul tema dell’impresa scientifica attorno alla scoperta di pianeti che seppur lontanissimi da noi, condividono la caratteristica d’orbitare, come la Terra, attorno a una stella.

Ma cosa significa «superstizione» ed «essere superstiziosi», che la “Giornata anti-supertizione” ogni venerdì 17 dell’anno s’impegna a tematizzare? Proviamo a capirlo con una serie di riflessioni ed esempi.

Il termine «superstizione» indica, come espone l’enciclopedia Treccani, «un insieme di credenze o pratiche rituali dettate da ignoranza, frutto di errore, di convinzioni sorpassate, di atteggiamenti irrazionali». Tuttavia, considerare la superstizione solamente come l’adesione a credenze dettate da ignoranza o irrazionalità, o a convinzioni sorpassate, non sarebbe sufficiente a delineare la superstizione o il supertizioso. Infatti, chiamare superstizioso colui che crede tolemaicamente che sia il sole a girare intorno alla terra – esempio di convinzione sorpassata e dettata da ignoranza – sarebbe senz’altro una forzatura rispetto a come questo termine viene impiegato nell’uso comune.

Neanche la natura “rituale” delle pratiche dettate dalle credenze infondate potrebbe essere un elemento sufficiente a chiarire cos’è la superstizione e il superstizioso. Un esperimento mentale potrebbe delucidare questo concetto. Pensiamo a una squadra di football che prima d’iniziare una partita, ritualmente, esegue una danza per incutere terrore nei propri avversari. Immaginiamola inoltre come incapace d’ottenere questo effetto sia per scarsa prestanza fisica sia per i scarsi risultati sportivi registrati nel suo passato. Potremmo considerare questa squadra superstiziosa perché persevera nel proprio rituale credendo falsamente d’incutere terrore negli avversari? Non proprio.

Diversamente da questi casi si considera invece superstizioso colui che, ad esempio, all’attraversamento di un gatto nero davanti alla macchina si impone di sostare e aspettare che qualcun altro transiti per la stessa via, oppure quando versato sbadatamente il sale a terra, costui si getta ritualmente una manciata del sale sparso dietro la schiena. Quale differenza c’è fra questi impieghi del termine «superstizioso» e i casi precedenti?

Per comprendere a quali altre caratteristiche ci si riferisce impiegando questo termine possiamo risalire all’antica grecia e in particolare all’impiego che Teofrasto face di deisidaimonia, termine correntemente tradotto con «superstizione». Teofrasto scrisse un’opera intitolata Caratteri, in cui vengono ritratti diversi modelli comportamentali e morali del suo tempo tra cui anche quello del superstizioso. Secondo Teofrasto la persona superstiziosa è un tale che:

«se una donnola lo sfiora correndo, egli non continua a procedere sulla sua strada, se prima non sia passato di là un altro o non abbia egli stesso gettato tre sassi oltre il ciglio della strada; […]E se vi sono civette sul suo cammino, si agita tutto ed esclama: «Atena è più forte!», e solo così passa oltre ; […]Ed evita di mettere i piedi su un sepolcro e di andare ad un funerale o da una partoriente, ma dice che è suo interesse mantenersi puro da ogni contaminazione; […]E se fa un sogno, va dagli oniromanti, dagli indovini, dagli auguri per chiedere a quale dio o dea debba innalzare preci.»

Per Teofrasto la superstizione è la paura di fronte al soprannaturale, e superstizioso è colui che è eccessivo nella riverenza o nell’osservanza religiosa((Dale, M. (2004). Inventing Supertition. London: Cambridge University Press.)) a causa del timore verso il soprannaturale, come sembrano far intendere il brano in precedenza riportato e la concezione stessa di superstizione professata da Teofrasto. Il riferimento alla paura, è presente anche in alcuni impieghi del termine latino supertitio, come ad esempio in Seneca che ritiene la superstizione «[…] pura follia: teme le divinità che dovrebbe amare e profana quelle che venera»((Seneca, L. A. (2007). Lettere morali a Lucilio. Milano: Mondadori.)), anche se in altri autori assume caratteristiche differenti. In alcune opere di Cicerone, ad esempio, la superstizione è ritenuta la tendenza ad avere false credenze intorno alle divinità.

Quello della paura è però un elemento illuminante per comprendere sia la superstizione, intesa come la intendiamo oggi, sia l’importanza di una sensibilizzazione alla sua irrazionalità.

Infatti, la superstizione è sì un insieme di credenze e pratiche rituali dettate da ignoranza, frutto di errore, di convinzioni sorpassate, di atteggiamenti irrazionali, ma potremmo anche aggiungere, ripensando ai semplici casi del gatto nero che attraversa la strada o del sale sparso sul pavimento, che la superstizione

  • possa implicare la tendenza ad attribuire a fenomeni naturali, cause soprannaturali o occulte((Bonnerjea, B. (1991). Dictionary of Supertition and Mythology . (n.p.).))
  • soprattutto conduca, in alcune circostanze, a ritenersi soggetti a conseguenze negative, causate da forze soprannaturali o occulte, oppure scongiurabili mediante il ricorso alle forze occulte

come nel caso della milizia congolese Mai-Mai che richiede agli antenati di indicarle speciali erbe per preparare bevande capaci di proteggere dai proiettili nemici((Kemp, R. (2010). Extreme World. Episode 2 – Democratic Republic of Congo. United Kingdom.))((Jourdan, L. (n.d.). Mayi-Mayi: Young Rebels In Kivu. Unpublished Manuscript)).

Tale sitauzione, ossia ritenersi soggetti a conseguenze negative, condurrebbe il supertizioso a provare timore e turbamento al punto tale da dover ricorrere ad azioni “rituali”, suggerite spesso dagli stessi sistemi di pensiero che tali credenze irrazionali assumono come vere, per scongiurare le conseguenze negative profilate o, in alcuni casi, già ritenute in atto. E per comprendere quanto ciò possa essere drammatico, o vissuto come un dramma, basti pensare alla semplice e attuale vicenda che vede coinvolto il senatore leghista Roberto Calderoli, che attribuirebbe la colpa di una serie di sventure al presunto maleficio operato a suo danno dal padre dell’ex Ministro per l’integrazione Cécile Kyenge in seguito alle offese di Calderoli alla figlia. Oppure ben più tragica è la situazione in cui la credenza nella stregoneria e nel malocchio viene sfruttata per spaventare e costringere le ragazze africane a prostituirsi.

Sensibilizzare all’irrazionalità delle supertizioni, al pensiero scientifico e alla razionalità significa pertanto anche promuovere la libertà dall’ignoranza, dai condizionamenti e da timori ingiustificati, in funzione di una vita più consapevole, libera e responsabile. Questo è anche uno dei significati delle “Giornate anti-superstizione” organizzate dal CICAP.

L’intervento mira a sottolineare l’importanza della “Giornata anti-supertizione” mediante un’analisi delle espressioni «superstizione» ed «essere superstiziosi» e porta a evidenziare come la superstizione non sia solo un insieme di credenze o pratiche dettate da ignoranza, ma che implichi anche le tendenze ad attribuire cause occulte a fenomeni naturali e a sentirsi irragionevolmente intimoriti, tendenze, queste, capaci di generare disagi e d’assoggettare a facile manipolazione.

Articolo di Manuele De Conti