I fotoni vanno di moda. Oggi il fotone è sulle brochure di tutte le soluzioni più innovative e tecnologiche. Probabilmente si tratta di una trovata del Marketing per incentivare le vendite.
Quanto c’è di vero non è impossibile saperlo, sicuro è che spesso l’approccio non è scientifico. Lo si può vedere quando si citano studi senza andare nel dettaglio, quando non compaiono le fonti o i protocolli usati per lo studio.
Ancora più grave è quando si citano fenomeni o grandezze fisiche in modo palesemente erroneo come quelle del fotone “quanto fondamentale indivisibile”.
Sono molti i prodotti in vendita che pubblicizzano proprietà energetiche dei materiali “fotonizzati”. La spiegazione fornita è che i fotoni siano in grado di aumentare tutte le proprietà utili dell’acqua attraverso il fenomeno della declusterizzazione!
Effettivamente esiste più di una ricerca sull’acqua declusterizzata (L.H. Lorenzen, “Microclustered water”, USP 6033678 (2000) e H.Hayashi, “Microwater, The natural solution” (Water institute, Tokyo. (1996)), ma quei composti vennero trattati con campi magnetici, esposti a luce a 640 nm, furono aggiunte particelle di metasilicati (3-4 ppm) cellule di lieviti naturali e gas sotto pressione. Ma quale fu la conclusione dei ricercatori sull’effetto biologico dell’acqua declusterizzata? Il metodo scelto della risonanza magnetica nucleare, nonostante la cura con cui le misure vennero effettuate, non evidenziò risultati statisticamente significativi ovvero non riconobbe doti particolari all’acqua declusterizzata.
Articolo di Filippo Miatto