Leggende metropolitane torinesi

Leggende metropolitane torinesi

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Una leggenda metropolitana è, per definizione, “apolide”: si presenta sempre identica, a volte con infinitesime variazioni, nelle città più diverse, ed è spesso questo uno degli elementi che la rendono riconoscibile come tale. Ma a Torino (e verrebbe da dire “come al solito”) si fa eccezione. Sui muri di tutte le grandi città compaiono le strane scritte “Dio c’è”. La leggenda vuole che si tratti dei punti “caldi” dello spaccio di droga, dove si possono trovare con facilità i pusher. Qualche enigmista ha addirittura suggerito l’acronimo sottostante: “DIO CE = Droga In Offerta: Costi Economici”. A Torino no: qui abbiamo “Zeus ti vede”. E c’è chi afferma di conoscere personalmente l’autore dell’ammonimento: si tratterebbe di un omone barbuto con tunica greca e sandali, che chiede l’elemosina sui tram in cambio di santini benedetti (da lui).

A proposito di tram: è impossibile salirvi senza raccogliere di sfuggita un campionario di dicerie su cui tutti sarebbero pronti a giurare: “Torino ospita la piazza più grande d’Europa”, “il maggior numero di pub pro capite in Europa”, “la via pedonale più lunga d’Europa”, “il museo egizio più grande d’Europa”…; orgoglio subalpino che, in alcuni casi, non è così infondato. Sulla piazza, sui pub e sulla via pedonale, le città a contendersi il primato sono molte, Amsterdam in testa con la sua Museumplein (che in un “angolino” ospita una fontana di 90 metri) e i suoi numerosissimi locali notturni a fronte di soli 750mila abitanti.

Il museo Egizio è davvero secondo solo a quello de Il Cairo. Meta di quotidiane visite da parte di scolaresche e appassionati, è al centro di voci su una presunta “maledizione del Faraone”, risalente agli anni Venti. I quotidiani del marzo 2001 riportano il caso di una classe di Como colpita da malesseri in seguito alla visita. Suggestione alla vista delle mummie? C’è chi dice trattarsi di una voce messa in giro nel 1925 da Howard Carter, l’archeologo che trovò la tomba di Tutankhamen, per tener lontani ladri e curiosi dai suoi scavi. Né il museo torinese conserva alcun papiro con il minaccioso ammonimento “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del Faraone”.

 

Il passo che separa leggende metropolitane e leggende storiche è breve. Davvero il nascondiglio torinese del Santo Graal è indicato dallo sguardo della statua della Fede di fronte alla Gran Madre? Difficile valutarlo: manca il disegno della pupilla.

Esisterebbero in città, inoltre, tutta una serie di accessi riservati per il mondo degli Inferi: dall’obelisco di piazza Statuto alle statue di piazza Solferino. Sulla parete del Duomo che guarda verso palazzo Chiablese ci sarebbe addirittura una freccia rivolta verso il basso che indicherebbe un’uscita di sicurezza infernale.

Sempre in tema di leggende metropolitane, la collina torinese sembrerebbe teatro quotidiano di scorribande notturne da parte di strane figure dell’immaginario popolare. Dalla famigerata “pantera”, le cui tracce sarebbero state inequivocabilmente rinvenute nei dintorni di Superga fino a una banda di ninja buoni, che girerebbero di notte – con tanto di shinobi e shuriken – a raddrizzare i torti e difendere le coppiette dalle aggressioni.

Piazza Vittorio Veneto.
La piazza più grande del mondo di Torino.

E che dire delle voci intorno ai sotterranei torinesi? Oltre ai cunicoli ufficiali di bellica memoria si parla di stanze segrete sotto la chiesa della Gran Madre di Dio e di ancor più inquietanti (e improbabili) dormitori nascosti sotto le fondamenta del Cottolengo, dove esseri deformi, metà uomini e metà animali, verrebbero sottoposti alle cure dei religiosi. Sotterranei che hanno alimentato per anni una leggenda ora smentita, secondo cui a Torino non si sarebbero mai fatti gli scavi per la metropolitana perché sotto era tutto una catacomba; ironico che una leggenda metropolitana sia stata cancellata dai cantieri di una, ormai leggendaria, metropolitana!

La squadra della Juventus è, da decenni, al centro di un’intramontabile leggenda che i tifosi avversari credono confermata dall’Almanacco Panini. Si racconta, infatti, che la Vecchia Signora sarebbe dovuta retrocedere in serie B alla fine del campionato 1912/13, ma per qualche intrallazzo sarebbe stata riammessa in serie A. Pochi tengono in considerazione che non ci fu alcun campionato 1912/13 (ce ne fu uno nel 1912 ed uno nel 1913), e che in quegli anni la serie B non esisteva affatto. Il campionato era composto da sei gironi, e la Juventus era arrivata ultima in uno di questi gironi, ma nessuna delle sei squadre ultime classificate retrocesse in alcuna, fantomatica, serie B. Leggende che non risparmiano nessuno: anche la squadra del Torino fu, tempo fa, al centro di una leggenda che lo voleva nelle mire del miliardario americano Bill Gates.

Il mondo giovanile è particolarmente prodigo di voci, ambientate talvolta a Palazzo Nuovo, talvolta al Politecnico, talvolta in qualche locale notturno della zona, dove bionde avvenenti sarebbero in attesa di ingenui playboy cui estrarre un rene nelle toilette delle discoteche o in appositi furgoncini bianchi. A volte i riferimenti geografici sono sorprendentemente precisi – si parlava della vecchia discoteca “L’Ultimo Impero” come di una clinica specializzata – mentre i nomi dei protagonisti erano sempre avvolti nel mistero.

Leggende che non smettono di nascere e svilupparsi intorno ai più recenti fatti d’attualità: si racconta ancora oggi che, subito dopo gli attentati dell’11 settembre, un marocchino, per ringraziare una signora di una piccola mancia, le avrebbe consigliato di non recarsi al Centro Commerciale “Le Gru” perché sarebbe stato vittima di un attentato. Leggenda che, fortunatamente, rimase tale.

Ci sono, al contrario, leggende che finirono per avverarsi, come quella secondo cui sarebbe stato sufficiente raccogliere un certo numero di codici a barre per acquistare una carrozzina per un invalido. Voci infondate che diedero il via a febbrili raccolte di tappi di plastica, scontrini della spesa e tagliandi di controllo. Un impegno che però giunse alle orecchie della Confesercenti di Torino la quale, nel gennaio del 1992, in collaborazione con la caserma Morelli di Popolo, si impegnò ad acquistare diverse carrozzelle “perché l’interesse, la sensibilità e l’impegno di coloro che ci avevano creduto e dovevano comunque essere premiati”. Uno sviluppo inatteso che mette in luce quanto sia sottile il filo che separa realtà e fantasia, e che mostra come la volontà inconscia che ci spinge a credere in queste moderne leggende contribuisca, a volte, a concretizzarle e renderle vere.


Mariano Tomatis